martedì, settembre 26, 2006

 

La lunga marcia verso l’idillio


Metti che una sera ti senti giù, hai litigato con la tua donna e ti ubriachi in un bar. Metti che l’alcool vada a risvegliare tutti i tuoi istinti più biechi e ti faccia credere di essere quell’uomo che non sei mai stato, in cerca di quel qualcosa che non hai mai cercato. Metti che quel qualcosa si trovi in strada, a vendere il calore delle proprie cosce per mantenere quel vizietto che ha preso da ragazza. Metti che la tua auto si accosti a lei per chiederle quanto vuole e che la sua proposta, mediata dagli effetti e dagli istinti di tutti i liquidi che hai in corpo, ti appaia ragionevole. La carichi, lei con il suo profumo volgare inebria il resto dei tuoi sensi. Vi appartate lungo il fossato di un campo abbandonato che non dà più frutti e fra i rifiuti di altri piaceri ti prendi quel che avete pattuito e ti prendi anche quel qualcosa che non credevi toccasse a te.
Ero adolescente negli anni Ottanta quando cominciò a dilagare la piaga dell’AIDS. La sieropositività è stata l’incubo della mia generazione. E le prime informazioni crearono il panico. La mia compagna di banco temeva di essere punta da una zanzara infetta e mia madre si raccomandava che non accettassi caramelle dagli sconosciuti. Ci dissero che si attaccava col bacio, con le lacrime, con gli starnuti, con il sudore, mentre noi ripensavamo con terrore ai momenti più intimi, agli amici che avevano pianto sulla nostra spalla, alle partite a pallavolo. Poi abbiamo imparato a non parlarne più e in silenzio, ogni anno, qualcuno è stato colpito.
Ieri al telefono scopro che c’è un ragazzo, un musicista che ha dedicato una vita alla ricerca della ritmica giusta. E’ bolognese, è un amico, e una notte, imbottito di alcool, ha caricato una puttana che, come il cappio di una corda spessa, gli ha accerchiato la gola e non l’ha mollato più. Ora morirà, come sono morti tanti altri artisti, sfogando la loro ultima rabbia in quell’opera che non potranno mai terminare. E noi, che abbiamo imparato a non parlarne, presto ci dimenticheremo anche di lui.

Comments:
purtroppo abbiamo abbassato la guardia...ma non e' troppo tardi, ancora no. si puo' ricominciare a parlarne e tu lo hai fatto molto bene con questo bel post. grazie.

monchelobuschero: i farmaci sono un diritto di tutti i malati, anche quelli che tu consideri deficienti solo perche' hanno avuto un attimo di debolezza.
 
Il caso del mio amico "alla ricerca della ritmica giusta" non è unico, purtroppo. Ed è vero che certi comportamenti o "attimi di debolezza" si possono pagare con la vita. Ma siamo poi sicuri di non avere mai rischiato, "puttane" a parte? Il rapporto non protetto, anche con il partner fisso, include una percentulae di rischio direttamente proporzionale alla sua fedeltà. Per non parlare dei casi di contagio da strumenti medici o sangue infetto sul luogo di lavoro. Nel '98 morì un'infermiera. Era romagnola, la conoscevamo tutti. Un giorno qualcosa andò storto con un campione di sangue prelevato. La distrazione le fu fatale.
Quando ero piccola pensavo che la morte si portasse via solo i brutti. Poi venni a sapere della fine di Marilyn e cambiai idea.
Caro Henry ;-)
 
Ciao Eleonora, ho letto il tuo appello sul blog di Grillo, se vuoi ti posso aiutare io, mia mail freeflybrian@yahoo.com.
Niente allegati, altrimenti cancello.
Ciao
 
hai proprio ragione, cara Lucia, la morte si porta via anche i belli, e quelli che avrebbero avuto bisogno solo della carezza che hanno rifiutato
 
Cari ragazzi, la faccenda è molto più facile di ciò che sembra.Conosco più che bene la persona in questione e vi posso garantire che a prescindere da una sbadataggine da mente offuscata dall'alcool, in questo caso si è trattato di pura e semplice volontà di andarsi ad autopunire (per che cosa, non ne ho idea...)con tutta la consapevolezza del caso. La cosa che più mi demolisce è il totale rifiuto di qualsiasi tipo di cura, poichè l'amico non si considera nè malato, nè bisognoso d'aiuto, dimostrando tutto l'egoismo di chi non riconosce che c'è una famiglia e un sacco di amici che soffrono per lui. Morale: ci sono bambini che muoiono a 5 anni di tumore e persone che si aggrappano alla vita con le unghie e con i denti anche solo per campare un anno in più. Ci sono invece persone che non riconoscono il bene prezioso quale è la vita e le danno un calcio in culo. Se questa è la loro scelta non ci resta che rispettarla.
Ciao a tutti.
Ciao Lucia!
 
Cara Lara
crada ca saa gaanta al mamanta da fara una caaccarata nalla nastra langaa. Vadaamaca prasta.
 
Cama al salata haa ragaana!
Ma casa pansarà la ganta...? :/
Ca vadaama prasta..
An abbraccaana.
 
Lo sai... su questo tema ho scritto una canzone anni fa, il protagonista però era un bambino figlio di chi aveva l'aids.

Chi cerca il suo dolore lo capisco e non lo condanno, ma un bambino che muore per questo è più di quello che possa sopportare.

In quel momento non pensavo che esistesse nulla, ne Dio ne altro.
 
@ Lukes
quando il male colpisce i bambini siamo tutti un pò colpevoli, Dio incluso.
 
Io non sono convinto di questo, che noi siamo colpevoli si.. che lo sia Dio meno, le azioni che compiamo spesso le decidiamo noi... comunque è un discorso troppo lungo per farlo qui...

casomai per quell'aperitivo che dobbiamo fare anche questo può essere un discorso da affrontare...
 
@ lukes
segnati tutti gli argomenti di discussione. Più che un aperitivo sarà una cena...
;-)
a presto
 
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