domenica, agosto 20, 2006

 

Una lettera da Pupi Avati


“Calligrafia”, da quanto tempo non sentivo questo termine. Oggi frequentiamo persone di cui ignoriamo la calligrafia. Eppure un tempo era un biglietto da visita. Qualcuno ricorda le vocali arrotondate e cuoriformi delle compagne di scuola? I segni spigolosi degli innamorati respinti, il tratto morbido e aggraziato degli amici più cari, le consonanti incerte dei nonni? La calligrafia era come il suono della voce, l’odore del corpo, il colore degli occhi.
Sono poche le persone a cui scrivo e dalle quali ricevo ancora lettere ma io guardo ancora speranzosa oltre il vetro ambrato della buchetta della posta e quando, collocata sul fondo, scorgo una busta, mi sento più ricca. Spesso sono “letterine d’amore” della banca o dell’Enel, ma oggi c’era una lettera di Pupi Avati. L’ho aperta con la fretta di chi non sa aspettare e ho trovato una carta intestata color avorio e parole d’affetto e di speranza. Le ho lette tutte nel tempo di un unico respiro. Parole scritte a mano da una stilo con la punta fine. Lui è uno di quei nostalgici che scrive ancora con la penna o tutt’al più con una vecchia macchina da scrivere dai tasti rumorosi. Mi pare di vederlo. Di schiena. Seduto alla scrivania mentre prende dal cassetto un foglio, lo sistema sopra un piano in pelle e comincia a scrivere. Poi si ferma, pensa e la piccola sfera imbevuta d’inchiostro riprende a rotolare sulla superficie rugosa della carta lasciando dietro di sé un tratto elegante e deciso. Piega il foglio in tre, lo inserisce nella fessura della busta e sul dorso riporta il mio indirizzo…e accenna un sorriso mentre scrive “Bologna”.


Comments:
Carissima Lucia,
rispondo qui con un po' più di spazio e intimità al tuo post attuale in cui mi hai per così dire citata, perché lì mi sentivo un po' troppo "esposta" e non mi andava di parlare davanti a tutti di un tema a me così caro. E poi anche perché proprio in questi giorni mi è capitato di dover scrivere delle lettere, volutamente a mano, e di riflettere su quanto siano poco intime e anonime quelle stampate con questi aggeggi moderni. Quindi quale modo migliore...
L'Arte è qualcosa di sublime che restituisce dignità all'essere umano.
Non mi piace quando si fa di ogni erba un fascio e si generalizza sugli stereotipi per cui a chiunque abbia un minimo di "estro" si dica:"sei un'artista"; o semplicemente perché ha la testa fra le nuvole.
Te ne ho già accennato. Certo, la creatività è una dote che, chi più chi meno, abbiamo tutti e che ci distingue dalle altre creature, ma attenzione a non fare confusione.
Solo l'Arte con la A maiuscola può aiutarci ad essere fino in fondo quello che siamo: migliori.
Qualcuno ha detto: "L'Amore è come la Poesia, o è Amore oppure non esiste, è un'altra cosa". Credo debba valere anche per l'Arte.
Per restare in tema penso che la differenza sia un po' come ricevere un sms da un essere che sa usare solo i pollici sulla tastiera di un telefonino oppure una bella lettera romantica, piena di sentimento e passione, e perché no un po' all'antica, su una carta molto particolare, scritta con una calligrafia ormai perduta e che sicuramente la dice lunga sul mittente.
CALLIGRAFIA, già, non se ne sente più parlare, è un temine che sta cadendo in disuso e presto scomparirà dal nostro vocabolario come tante altre sostituite da termini tecnici, squallidi, freddi e stranieri. Roba da "1984"!
Anch'io mi aspetto sempre di trovare chissà ché nella cassetta delle lettere. E Pupi Avati non mi scrive mai!
Comunque ho una pessima calligrafia, spreco un monte di carta ogni volta, ma che ci posso fare se sono sempre la solita stupida romantica?
E poi non è neppure molto ecologico!
Ma che ci posso fare se mi piace odorare il profumo dell'inchiostro che s'incontra con la carta, ascoltare il suono del fruscio del pennino come una melodia.
(Mi sto rendendo conto che il titolo del mio blog potrebbe sembrare un po' nostalgico)
A presto
Claudia
 
Cara Claudia,
proporrei di distinguere Artisti da "estristi", cioè coloro che sono solo dotati di estro, e liberare il campo dagli equivoci. L'artista si vede nella sua opera, non nel suo comportamento, ovviamente. E le opere sopravvivono agli artisti con esistenze proprie, naturalmente. Io di fronte a un'opera (dalla pittura alla musica, dalla letteratura alla poesia ecc) provo inizialmente un forte imbarazzo e senso di inadeguatezza, poi mi emoziono fino alle lacrime. Se parliamo di "stupidi romantici" dobbiamo parlare anche di me che continuo a guardare nella buchetta della posta.
PS Per fortuna che c'è Pupi Avati, l'ultimo dei romantici.
;-)
un abbraccio e parole d'affetto scritte col pennino sopra un foglio di carta gialla.
 
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