giovedì, settembre 21, 2006
NEL LABIRINTO DEI CATTIVI
Questa mattina esco di buon'ora. Sono felice e gioconda come un bambino con le mani sporche di terra. Sotto i portici un viavai di passanti. Mi sembrano tutti sorridenti. C’è il sole e ho un appuntamento per scegliere dei quadri di Carlo Ravaioli, pittore romagnolo che ritrae immagini fantastiche di velieri sospesi a mezz’aria, piccoli borghi come labirinti di case e giovani donne. Mi ricorda Modigliani. Lui dice che “con l’ultima pennellata, il quadro muore”. Cammino ripensando a queste parole e provo un po’ di dispiacere per il distacco che vede protagonisti l’artista e la sua opera. Alla fermata del 13 c'è un cestino di rifiuti che, chissà per quale forza oscura, richiama la mia attenzione. Ne guardo il contenuto con l'interesse di un barbone. Ci sono carte di caramelle, cicche spente e giornali. Qualcuno ci ha conficcato la Repubblica di ieri arrotolata e qualcun altro una bottiglietta di acqua ancora piena. Davanti al bar ci sono due uomini che parlano di una maxi vincita incassata nel bolognese. Una ragazza indiana tiene per mano un bimbo biondo e riccioluto. Ci sono studenti, pensionati a zonzo e un uomo con la cravatta stile imperiale. Io continuo a fissare il contenuto del cestino attirata da quella stessa forza oscura che non riesco a controllare quando avverto che qualcosa lì dentro si muove. “C’è un topo!” annuncio ai compagni di fermata. In un attimo si apre una piazza deserta attorno al cestino incriminato, che spaventa anche me. Una donna grida, gli studenti ridono e l’uomo con la cravatta guarda la strada sperando vigliaccamente nell’arrivo dell’autobus. Un nonnetto si avvicina al cestino mentre tutti fanno un passo indietro come un corpo di ballo ammaestrato. L’anziano sfila la Repubblica e guarda dentro il contenitore in ferro battuto. Noi non fiatiamo in attesa del suo responso. Allunga la mano verso l’ignoto ed estrae dal cilindro magico un sacchetto trasparente con la bocca legata. Lo sgomento spintona tutte le paure. Oltre la superficie trasparente di quel sacchetto per alimenti ci sono tre creature appena nate con gli occhi ancora chiusi. Sono gatti. Mentre un brusio di fondo crescente commenta il gesto increscioso io rimango quasi inebetita e sento le lacrime fermarsi nella parte alta della gola. Un flash mi si piazza davanti agli occhi come la mano di un prete che non vuole che guardi simili sconcezze. E ricordo che ero bambina quando accadde. Giocavo seduta sui gradini di sasso della casa al mare quando vidi passare un uomo che teneva stretto un sacchetto di nylon pieno di piccoli gatti appena nati. Ho cancellato la sua faccia e ricordo solo che portava un cappello e aveva i denti marci come tanti vecchi dalle mie parti. Disse a mio padre che avrebbe cacciato i gattini in mare. Io li guardavo senza fiatare. Distinguevo tante piccole testoline glabre con gli occhi socchiusi che si muovevano lentamente. Piccole codine in un groviglio di giovani zampette che non avrebbero mai camminato. Guardai quel boia sparire verso la spiaggia e con lui se ne andò anche la mia innocenza.
:-))
"c'e' un topo!", poi, e' risuonato quasi come "c'e' una bomba!"
ciao,
nullo
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