lunedì, ottobre 09, 2006
IL PENNY DI ROMAGNA
Mi bastano due giorni in riviera per lavarmi via ogni stanchezza. Domenica mattina è una giornata splendida sulla spiaggia di Cervia. I bagni sono impacchettati per l’inverno e sulla sabbia ci sono poche impronte. Il mare restituisce lentamente il bottino sottratto ai bagnanti distratti. Fra conchiglie e rami spezzati ci sono ciabatte e pinne spaiate, occhiali e un orologio in plastica. Sembrano i resti di naufragi lontani, mercanzia di navi affondate al largo dalla ferocia di pirati balcanici. In autunno la riva è come il banco disordinato di un vecchio mercatino di stracci. Se frughi fra il vecchiume e le cianfrusaglie forse trovi qualcosa di inutile da portare a casa. Sulla battigia penso a ciò che ho perso in mare. Un orecchino a quindici anni, un accendino a diciassette e un pezzo del bikini a diciannove. Sembrano, nell’ordine, la perduta vanità, la scoperta del vizio e la rivelazione della lussuria. Ormai non mi pongo più domande su ciò che il mare conduce a riva. Un giorno trovai una parrucca bionda. Risplendeva al sole e fra i capelli arruffati si erano annidate alghe e piccoli molluschi. Mio nonno disse che l’aveva persa una sirena, ma io non ci ho mai creduto. I rifiuti delle acque sono organizzati in piccoli cumuli sparsi ovunque, adagiati sopra un letto di piccole telline bianche e rosa. Due giovani milanesi, nell’estate di qualche anno fa, trovarono la mano sinistra di una donna, in stato di decomposizione avanzata. A qualche giorno di distanza venne ripescata una gamba al largo e ogni volta che rimescolo a riva temo l’incontro con qualche altro pezzo di quel corpo scomposto. Nella bocca di un mitile schiuso, invece, vedo una moneta. “Chi trova un penny è fortunato!”, ci insegna il cinema americano e io trovo proprio un penny. Un penny, infilato nel guscio di una cozza, sulla spiaggia di Cervia, alle dieci e trenta di una domenica di ottobre. E’ di buon auspicio. Cammino godendomi l’azzurrità e canticchio un vecchio pezzo dei Bee Gees pensando alla fortuna. Raggiungo il porto e mi siedo sugli scogli. “Non c’è più la vela bianca, con l’inverno c’è il gabbiano” cantava l’orchestrina nelle vecchie balere. Dai Bee Gees a Raoul Casadei, in Romagna il passo è breve. Torno verso casa ad occhi chiusi con il viso rivolto al sole. Sulla porta, un dubbio si incunea nei miei pensieri. Dove ho lasciato la borsa? Mi avvio verso la spiaggia correndo. Salto le foglie secche spazzate ai lati della strada e raggiungo subito la riva. Pochi passanti, le conchiglie, i cumuli di rifiuti. Frugo le tasche sperando di trovare almeno le chiavi di casa e mi trovo per le mani il penny “portafortuna”. Tante grazie, penso. La solita americanata! Lo guardo, lo lancio in acqua e mentre ricade nella schiuma di un’onda ricordo di avere lasciato la borsa sul letto.
Sì, in quel periodo frequentavo un gruppo di surfisti e mi piaceva raggiungere il largo immersa nell'acqua e aggrappata alle tavole da surf. A tali velocità il mare ti avvolge e se non sei attento ti spoglia. Non ti dico la vergogna!
;-)
QUANDO ERO IN GEORGIA IN RIVA ALL'OCEANO COSI TANTO PER GIOCO AFFIDAI UN PENNY ALLE ONDE ..CHISSA'
t'immagini se si tratta dello stesso penny? Dall'Oceano all'Adriatico ne deve aver fatta di strada! Un giorno trovai una patella africana che non si era mai vista dalle nostre parti e ho capito che quando si tratta di mare, tutto è possibile.
la parrucca della sirena e' un'immagine felliniana!
Se vuoi puoi passare
Un caro saluto
Nicola
Grazie della visita.. ora che ti ho trovata.. cercherò sempre di leggerti.
Buona giornata.
Beppe
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