domenica, ottobre 15, 2006
La Bologna che non c’è più
La mia casa ricorda il magazzino di un vecchio teatro di prosa. Ci sono decorazioni sbiadite sul soffitto, vecchi mobili di legno scuro, quadri accatastati e scatole di libri ancora da spacchettare. C’è un baule di reperti di un tratto di vita già consumata e casse in legno che contengono non so che. E’ piena di quegli oggetti orfani che ogni trasloco, come una guerra, produce al suo passaggio. Di tutto ciò che di superfluo ci portiamo appresso e non sappiamo né sistemare, tanto meno rinunciarci.
Dicono che sia bohémien la mia casa. Qualcuno si sente a Parigi, qualcun altro giura di vederci la Dresna del ’94. Io ci trovo la Bologna che non c’è più. Quella di fine Ottocento, quella del Carducci.
Da giorni cerco disperatamente la tavola di un fumetto perduta sotto i portici. Una settimana fa ce l’avevo per le mani e l’intensità di quei disegni mi aveva colpita come il grido di un innocente. Ero felice di aver scovato un fumettista così talentuoso. Poi, una mattina, esco di fretta per raggiungere la sede del giornale che ha commissionato il lavoro e lungo la strada il fumetto scivola dalla cartella e si deposita, silenzioso, sul pavimento alla veneziana, fra cacche di piccione e cicche spente. Ci accorgiamo della grave mancanza solo venerdì. Fiduciosa, percorro il tratto di via che ha visto inghiottire i disegni ma scopro subito che il vinaio li ha raccolti come carta straccia e messi in strada, sopra la cassetta della posta, pronti a prendere il volo con il primo autobus cittadino che avesse spinto un po’ sull’acceleratore. Mi dispero mentre lui rientra nella sua bottega senza mostrare il minimo dispiacere per la leggerezza del suo gesto. Sola, rimango a guardare i sampietrini che hanno rubato la bellezza a quei disegni. Tappezzo le colonne dei portici di avvisi nell’intima speranza che qualche animo sensibile li abbia raccolti e messi al sicuro, ma chiama solo un ragazzino che dice di avere trovato la tavola e di averla bruciata. Sfinita e delusa dall’indifferenza di questa città mi rifugio in casa dove trovo la Bologna che non c’è più, e a tende tirate torno indietro di cent’anni e sento la voce di un gentiluomo sceso dalla carrozza che sventolando la mia tavola grida: “Signorina, avete perduto i vostri disegni!”
sì, bastava un gentiluomo d'altri tempi!Oggi torno a tappezzare la città. Non mi rassegno ancora alla perdita...
Quanto al lamento “o tempora o mores”, credo che nell’epoca della riproducibilità tecnica non si dia più alcun valore ai materiali che, a uno sguardo distratto e superficiale, sembrano facilmente riproducibili. Proprio come le tavole di un fumetto, purtroppo.
Abbiamo commentato che solo a bologna era possibile una cosa del genere. Avessero saputo che chi aveva attaccato i volantini disperati era l'autrice del libro che avevano in mano...
ipazia
non ho scritto io del delitto Murri sullo Spettro, ma come te ne ho letto. L'idea del thriller anni Settanta non è male. Manca la bambola vestita d'organza ma c'è un vecchio manichino di legno per sarta che potrebbe svolgere la stessa funzione...
@ Ipazia
vite che si intrecciano sullo sfondo di una città senza occhi...
quel "qualcosa che è stato" non mi farebbe nostalgia se "quel che è" fosse soddisfacente. Concordo con Mucomarx: "nell’epoca della riproducibilità tecnica non si dà più alcun valore ai materiali che, a uno sguardo distratto e superficiale, sembrano facilmente riproducibili" e, ahimè, non lo sono!
Però, chissà, magari qualcuno ha trovato i tuoi disegni interessanti quanto e più di te, se li è presi ed adesso li custodisce con lo stesso amore con cui avresti fatto tu.
mi consolerebbe saperli in buone mani. E se riceveranno amore, che se ne vadano pure lontani, non sarò io a trattanerli. Ora non posso più!
Grazie, quando hai scritto stavo pensando proprio a te. Incredibili coincidenze.
sul mio blog, e' poco frequentato, pero' an sa mai.
Gud Lak
MissLIZ
http://missliz.splinder.com
te l'ho scritto anche in altra sede. Ti nomino gentildonna bolognese dell'Ottocento che si respira ancora in casa mia.
;-)
Un unico consiglio: mantieni l'anonimato, senno' ti chiedono pure un riscatto ;-)
Non so darle informazioni sulla tavola ma grazie a lei per avermi permesso di costruirle una storia attorno.
UM
Adoro l'Emilia: sono nato e vivo a Sanremo, ma la mia mamma è di Ferrara :-)
Sono stato pochissime volte a Bologna: per quel nulla che ho visto, la tua città mi è piaciuta molto.
Bel Blog, complimenti! Ho letto pochi articoli: mi piace come scrivi ;-)
Luminose giornate :-)
Ma dopo un po' ho capito il suo significato profondo.
Le cose più preziose sono quelle che nessuno ti può togliere.
E il piacere che ti ha dato quella tavola non ti abbandonerà mai, ed essa alla fine avrà compiuto il suo scopo, limitato che sia.
Tutto il resto passa.
Alla prossima e salutami tanto quel tuo zio.
Se non altro ha ispirato una bella storia, e molte persone si sono sentite coinvolte, e molte si sono intrecciate ad essa, passando per le strade dove c'erano i tuoi manifesti!
Bello leggere tutto questo nel suo insieme, e vederlo come la rete di un pescatore: con tutti i suoi piccoli nodi da cui si dirama un filo legato ad un altro...
...si crea una magia attorno al
tuo modo di scrivere...
Ciao Lucia!
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